Il Parco fluviale del Nera: una storia (parte 04)

La quarta parte della della storia del Parco fluviale del Nera estratta dal numero 0/2021 del quadrimestrale NAHAR, notiziario di informazione on line riservato ai soli iscritti CIAV APS (Centro Iniziative Ambiente Valnerina).

  NAHAR n. 0 dicembre 2021 (5,0 MiB, 416 downloads)

Notiziario quadrimestrale di informazione on-line riservato ai soli iscritti CIAV APS

IL PARCO FLUVIALE DEL NERA: UNA STORIA parte quarta

di MIRO VIRILI architetto

All’interno del quadro generale e regionale che abbiamo descritto nel precedente capitolo nel nostro territorio si pongono le basi per la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione dei siti sensibili che costituiranno poi i nuclei del futuro parco fluviale del Nera. Il parco nasce infatti da due nuclei storici che per le loro caratteristiche ambientali e paesaggistiche sin dal XVIII e XIX secolo si sono posti all’attenzione non solo delle cultura locale ma dei viaggiatori e del turismo nazionale, europeo e di altri paesi del mondo, mi riferisco ovviamente alla Cascata delle Marmore e al Lago di Piediluco. In questo numero e nel prossimo approfondirò gli aspetti della tutela e del riconoscimento come bene paesaggistico e culturale di questi siti, anche in periodi storici che non sono espressamente legati al Parco Nera che come visto inizia la sua storia negli anni Settanta del Novecento, ma è necessario in via propedeutica approfondirli per comprendere i futuri sviluppi e per capire le ragioni del perché parti strategiche di questo territorio sono state poi escluse dal perimetro dell’area naturale protetta.

I due siti costituiscono infatti un sistema paesaggistico unitario legato all’acqua dei fiumi Velino e Nera, alle valli e ai monti circostanti. In particolare i boschi del sistema montano che da monte Voto (Penna dei Cocchi) a Marmore, attraverso Mazzelvetta (Selva del Monte) arriva al monte Luco (tra Buonacquisto e Piediluco) separando il bacino del lago di Piediluco dalla Valnerina, erano stati considerati sacri sin da tempi remoti come ricorda Plinio il Vecchio e come documenta la statuto del Castello di Piediluco del 14171. Ma senza andare troppo lontano nel tempo, il tema del riconoscimento di “Bene culturale e naturale” sul piano giuridico nasce proprio con la Cascata delle Marmore, quando con Bolla del 1782 il Papa Pio VI, respinge la proposta di chiudere la Cava Clementina, come proposto dagli esperti idraulici della Sacra Congregazione della Acque, con la seguente motivazione: «Dispiace, di togliere al pubblico, e diciamolo pure all’universo tutto quel sorprendente spettacolo della Caduta del Velino». Questa motivazione è molto importante in quanto, nel corso del secolo XVIII, la caduta della Clementina era diventata una delle tappe obbligate del cosiddetto “Grand Tour” che intellettuali, artisti e viaggiatori percorrevano nel loro viaggio in Italia e la Cascata non era più solo un’opera idraulica ma uno spettacolo da vedere e un luogo da visitare. La città di Terni, nel 1781 al fine di far ammirare lo spettacolo offerto dalla caduta delle acque aveva fatto costruire la Specola, la prima opera d’arredo per la valorizzazione della cascata. La Specola è qualcosa di più di un semplice manufatto di arredo, è il primo intervento di carattere “turistico”, la sua costruzione coeva alla realizzazione della scalinata di accesso (1781-82) che dal letto della ex Cava Reatina scende fino alla cima del “Monticello”, dove gli antichi visitatori potevano osservare la caduta del Velino da un punto di vista particolarmente suggestivo. Subito dopo la restaurazione seguita al Congresso di Vienna, il cardinale Adriano Fieschi (1788- 1858) delegato dell’Umbria promosse delle opere di sistemazione della Cascata nel cui contesto fu eretto il monumento a Pio VI preso il ponte Regolatore e fu realizzata anche l’attuale strada comunale della Cascata che dalla Specola scende fino al fiume Nera presso il “Ponte Naturale” (attuale sentiero n. 1), lungo le pendici che costeggiano il Canale Paolino. Del progetto della strada si occupò l’ingegnere ternano Giuseppe Riccardi, lo stesso che nel 1819 operando lungo le sponde del fiume Nera per restaurare l’imbocco del Canale Cervino aveva scoperto il Ponte romano del Toro di cui eseguì un rilievo pubblicato nella quinta edizione delle sue Ricerche istoriche e fisiche sulla Caduta delle Marmore ed osservazioni sulle adiacenze di Terni del 18252. La costruzione della Specola e le altre opere di sistemazione descritte sono l’embrione del futuro parco della Cascata che per il momento coinvolge solo la riva sinistra del Velino nel territorio della Comunità di Papigno e rappresentano un cambiamento radicale del modo di “vedere” la Cascata che fino ad allora, era stata un manufatto d’ingegneria idraulica. È con queste prime opere che la caduta del Velino assume anche una valenza estetica: non è solo un’opera idraulica ma è una cosa “bella” da vedere, è uno spettacolo degno di ammirazione, in altre parole è un’opera d’arte da tutelare.

Ma la prospettiva cambia radicalmente nella seconda meta del XIX secolo quando la Cascata delle Marmore diviene strategica per le nuove industrie che stanno trasformando la città di Terni. Nel 1886 su progetto dell’ingegner Cassian Bon (1842-1921) viene realizzato il canale motore delle Acciaierie, derivate dal fiume Velino (Cava Curiana – Clementina) valle del “Ponte Regolatore” che utilizzarono la fossa di Collestatte come bacino di decantazione. Poi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo furono realizzate a Marmore le prime centrali idroelettriche e il complesso sistema idraulico con le derivazioni e opere accessorie oggi dismesse, le cui tracce sono ancora oggi presenti lungo le sponde del fiume Velino, nel sottosuolo del Parco dei Campacci e sulla rupe della Cascata e del fiume Nera a Collesattte Piano come: la Centrale di Rieti (1896), la Centrale di Collestatte (1899), la Centrale di Papigno (1900), la Centrale di Spoleto, (1907), la Centrale di Terni (1908) , il canale energetico di Pennarossa (1909) e la Centrale di Marmore (1922)3. A questo sfruttamento indiscriminato della risorsa acqua che stava portando alla chiusura della Cascata si opposero gli intellettuali e gli uomini di cultura di Terni, già nel 1902 un comitato appositamente costituito nel 1900, promosso dal Collegio degli ingegneri civili, architetti, periti, liberi esercenti del Mandamento di Terni, presieduto dal prof. Pier Gaetano Possenti, celebrò in modo simbolico il XXII centenario della Cascata delle Marmore con una serie di conferenze e di atti fortemente simbolici. I festeggiamenti erano stati inaugurati il 29 maggio 1902 al Politeama di Terni con una conferenza di Raffaello Giovagnoli, di Antonio Verri che rappresentava la Società Geologica italiana e di Luigi Lanzi archeologo e storico dell’arte. Gli stessi accompagnarono gli intervenuti ad una escursione geologico-archeologica alla Cascata e il 31 ci fu la conferenza del prof. Giuseppe Bellucci (1844-1921) noto naturalista, paletnologo e chimico italiano. Lo stesso 29 maggio fu apposta una lapide sul ponte regolatore a Marmore per commemorare Manio Curio Dentato. I festeggiamenti si chiusero nel mese di settembre con una adunanza del Consiglio della Regia Deputazione di Storia Patria per l’Umbria che si tenne a Terni nella sala maggiore del Convitto comunale Umberto I, nei Giorni 21 e 22 settembre 19024. Tre anni dopo nel 1905 nasce l’associazione artistica internazionale, che, preoccupata dal pensiero dello estremo attentato che si minacciava al nostro meraviglioso paesaggio, nominava un Comitato pro Marmore presieduto dal senatore Giulio Monteverde (1837-1917) e costituito da Luigi Lanzi, dall’ing. Tuccimei, dai pittori Ioris, Coleman e Bottoni. Il governo, sospinto dalle proteste e dalle istanze, nominò una commissione con il mandato di studiare il modo per conciliare gli interessi dell’uso industriale con quelli della tutela del bene. Nel 1915 il ministero appone il vincolo di tutela alla scogliera naturale di fronte alla Cascata (Specola?) e nel 1917 alle sponde della Fossa Tiberiana (Cuor delle Fosse) ai sensi della Legge 20 giugno 1909, n. 364 che stabiliva e fissava norme per l’inalienabilità delle antichità e delle belle arti. In questo contesto Luigi Lanzi si fa promotore di un progetto per il restauro della Cascata che prevedeva lavori di riparazione sul ventaglio, presso l’imbocco del Canale Pio e sul ciglio della caduta. i lavori furono realizzati dal Regio Genio Civile in tempi diversi e portarono all’attuale immagine della Cascata. Per l’accesso al cantiere e per eseguire i lavori, furono costruiti il ponte in calcestruzzo sulla Paolina e l’attuale galleria sotto la Specola dove poi negli anni Trenta fu realizzato il balconcino oggi detto degli innamorati.

Nel 1916, viene pubblicato il progetto per la bonifica reatina e la creazione di grandi forze idroelettriche del Velino e del corso inferiore del Nera proposto dall’ing. Guido Rimini, direttore dell’ufficio tecnico provinciale di Perugia5, che prevedeva la realizzazione di due grandi invasi artificiali nelle valli del Salto e del Turano a Rieti, la derivazione parziale del fiume Nera attraverso un canale artificiale che giungeva fino al lago di Piediluco e la costruzione di una grande centrale da costruirsi nel corso inferiore del Nera prevedendo la chiusura della Cascata. A questo progetto si opposero il Collegio degli ingegneri, architetti, Periti e Brigata degli amici dell’arte del mandamento di Terni, che si mobilitano per la tutela della Cascata delle Marmore dagli interessi industriali che minacciano la grandiosa scena naturale e formano un nuovo Comitato “Per la difesa dei diritti di Terni e del Circondario sulle acque del Velino e del Nera per la conservazione della Cascata delle Marmore”. Nel convegno promosso dal Comitato il giorno 8 luglio 1917 al Teatro Verdi il prof. Pier Gaetano Possenti legge la descrizione storico, artistica, estetica della Cascata delle Marmore. Tutto ciò fu inutile tra il 1929 e 1935, la grande Società Terni polisettoriale diretta dall’ing. Arturo Bocciardo, realizza l’imponente sistema idroelettrico della centrale di Galleto progettata dall’architetto Cesare Bazzani, dagli ingegneri Angelo Omodeo e Giovanni Devoto e la Cascata delle Marmore viene definitivamente chiusa.

Al fine di garantire la vista parziale di un bene così famoso, il Ministero dei Lavori Pubblici nel 1929 emanò una disposizione che prevedeva che la Cascata venisse aperta nei giorni festivi per 486 ore l’anno. Tale provvedimento però non fu rispettato e la Cascata rimase praticamente chiusa fino alla nuova convenzione tra la Provincia di Terni e la Soc. Terni, firmata nel 1954, quando venne concordata un’apertura annuale di 770 ore6

1 Plinio, Storia Naturale, III, 109; M. Virili – Bruno Petrollini, Piediluco l’immagine della Memoria, Edizioni Thyrus Terni 2012, pp. 29-40.

2 Giuseppe Riccardi, Ricerche istoriche e fisiche sulla Caduta delle Marmore ed osservazioni sulle adiacenze di Terni, Roma 1825, pp. 72-74.

3 S. Dotto, L’acqua motore dell’industria, Terni 2011, pp. 59-77.

4 M. Virili, L’Opera della Cascata, da Curio Dentanto (…) ai nostri giorni, in B. Vescarelli, La Cascata delle Marmore, Terni 2017, pp. 19-25.

5 G. Rimini, Progetto per la bonifica reatina e la creazione di grandi forze idroelettriche del Velino e del corso inferiore del Nera, Perugia 1916.

6 B. Toscano (a cura di), L’Umbria. Manuali per il territorio: Terni, vol. II, n. 4., Roma 1980; M. Giorgini (a cura di), Storia illustrata delle città dell’Umbria: Terni, Bergamo 1993, tomo II.

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