I Sapori della Valnerina » Disciplinari http://127.0.0.1/saporivalnerina Gusto Umbro Wed, 27 May 2015 09:12:48 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.8.15 Disciplinare di produzione della denominazione d’origine protetta “PECORINO TOSCANO” http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-produzione-della-denominazione-dorigine-protetta-pecorino-toscano/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-produzione-della-denominazione-dorigine-protetta-pecorino-toscano/#comments Wed, 09 Oct 2013 11:14:22 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=236 DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DELLA DENOMINAZIONE D’ORIGINE PROTETTA “PECORINO TOSCANO” Art. 1 La denominazione di origine del formaggio “Pecorino Toscano” è riservata al prodotto avente i requisiti fissati con il presente disciplinare con riguardo ai metodi di lavorazione ed alle caratteristiche organolettiche e merceologiche derivanti dalla zona di produzione delimitata nel successivo art.3. Art. 2 La […]

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DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DELLA DENOMINAZIONE D’ORIGINE PROTETTA “PECORINO TOSCANO”

Art. 1

La denominazione di origine del formaggio “Pecorino Toscano” è riservata al prodotto avente i requisiti fissati con il presente disciplinare con riguardo ai metodi di lavorazione ed alle caratteristiche organolettiche e merceologiche derivanti dalla zona di produzione delimitata nel successivo art.3.

Art. 2

La denominazione di origine “Pecorino Toscano” è riservata al formaggio avente le seguenti caratteristiche:

formaggio a pasta tenera o a pasta semi dura, prodotto esclusivamente con latte di pecora intero proveniente dalla zona di produzione.
L’alimentazione base del bestiame ovino deve essere costituita da foraggi verdi o affienati derivati dai pascoli naturali della zona con eventuali integrazioni di fieno e di mangimi semplici concentrati.

Il latte deve essere coagulato ad una temperatura compresa tra i 33° e i 38° con aggiunta di caglio di vitello onde ottenere la coagulazione del latte entro 20-25 minuti.
Il latte può essere utilizzato crudo o può subire un trattamento termico fino alla pastorizzazione e può essere inoculato con colture di fermenti lattici autoctoni, naturali o selezionati. Presso il Consorzio di tutela incaricato alla vigilanza è conservata la ceppoteca dei fermenti selezionati dal latte ovino della zona delimitata, accompagnata dalle schede della caratterizzazione dei singoli ceppi. Tale ceppoteca potrà essere aggiornata periodicamente attraverso nuove ricerche validate dal Consorzio di tutela e trasmesse al Ministero competente.

Il formaggio deve essere prodotto con una tecnologia caratteristica e nella lavorazione si provvede alla rottura della cagliata fino a che i grumi abbiano raggiunto le dimensioni di una nocciola per il formaggio a pasta tenera, e di un chicco di granoturco per quello a pasta semidura.
Per la preparazione di quest’ultimo la cagliata potrà altresì essere sottoposta ad un trattamento termico (cottura) a 40-42° per 10-15 minuti.

Dopo la rottura e l’eventuale cottura, la cagliata viene messa in apposite forme per lo sgrondo del siero. Lo spurgo o sineresi viene effettuato tramite pressatura manuale oppure con stufatura a vapore.
La salatura è effettuata in salamoia al 17-19% di cloruro di sodio, pari a 15-17 gradi Baumé.

La permanenza, riferita a kg di peso, è di almeno otto ore per il pecorino a pasta tenera e di almeno 12-14 ore per il pecorino a pasta semidura. La salatura può essere eseguita anche con l’aggiunta diretta di sale.
Il tempo di permanenza maggiore è riservato al formaggio a pasta semidura.

Il Pecorino Toscano può essere trattato esternamente con un antimuffa e deve essere maturato in idonee celle ad una temperatura di 5-12° C con umidità relativa del 75-90%.

Il periodo di maturazione è di almeno 20 giorni per il tipo a pasta tenera e deve essere non inferiore a quattro mesi per il tipo a pasta semidura.

E’ usato come formaggio da tavola o da grattugia.
Presenta le seguenti caratteristiche:
forma cilindrica a facce piane con scalzo leggermente convesso;
dimensioni: diametro delle facce da 15 a 22 centimetri, altezza dello scalzo da 7 a 11 centimetri con variazioni in più o in meno in entrambe le caratteristiche in rapporto alle condizioni tecniche di produzione, fermo restando che lo scalzo non deve mai superare la metà del diametro. Gli scalzi più elevati rispetto al diametro, saranno preferiti nelle forme a pasta semidura;
peso: da 0,75 a 3,50 kg;
confezione esterna: crosta di colore giallo con varie tonalità fino al giallo carico nel tipo a pasta tenera; il colore della crosta può eventualmente dipendere dai trattamenti subiti;
colore della pasta: di colore bianco leggermente paglierino per il tipo a pasta tenera, di colore leggermente paglierino o paglierino per il tipo a pasta semidura;
struttura della pasta: pasta a struttura compatta e tenace al taglio per il tipo a pasta semidura, con eventuale minuta occhiatura non regolarmente distribuita;
sapore: fragrante accentuato, caratteristico delle particolari procedure di produzione;
grasso sulla sostanza secca: per il prodotto a pasta semidura non inferiore al 40% e per il prodotto a pasta tenera non inferiore al 45%.

Art.3

La zona di origine del latte e di produzione, di stagionatura del formaggio di cui sopra comprende l’intero territorio della regione Toscana, l’intero territorio dei comuni di Allerona e Castiglione del Lago ricadenti nella regione Umbria e l’intero territorio dei comuni di Acquapendente, Onano, San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro, Gradoli, Valentano, Farnese, Ischia di Castro, Montefiascone, Bolsena, Capodimonte ricadenti nella regione Lazio.

Art.4

Il formaggio Pecorino Toscano deve recare apposto all’atto della sua immissione al consumo il contrassegno di cui all’art.5, a garanzia della rispondenza del disciplinare.
Tale marchio viene apposto sullo scalzo della forma, ad inchiostro sul formaggio a pasta tenera ed a caldo sul formaggio a pasta semidura. Sulle porzioni preconfezionate la marchiatura viene effettuata sulla confezione, purché avvenga in zona di origine.

Il Pecorino Toscano porzionato può essere confezionato fuori dalla zona di origine e deve riportare il logo del caseificio o dello stagionatore.
I confezionatori devono comunque stipulare una convenzione con il Consorzio di tutela incaricato della vigilanza, il cui testo, proposto dal Consorzio di tutela, viene autorizzato dal Ministero competente. La sigla riportata sotto il logo identifica il produttore/stagionatore/porzionatore il cui prodotto è certificato dall’organismo di controllo che provvede all’immissione in commercio del Pecorino Toscano. Sulle forme o sulle confezioni è presente una etichetta, autorizzata dal Consorzio di tutela incaricato della vigilanza, con le seguenti caratteristiche minime:

1. la scritta Pecorino Toscano D.O.P. o Pecorino Toscano D.O.P. stagionato deve essere quella con maggior rilievo ed evidenza rispetto a tutte le altre riportate in etichetta, sia in termini di dimensioni che di caratteri e di posizione;

2. il marchio a colori, come da art.5, deve essere riportato una o più volte, nelle dimensioni minime di 15 mm.

Art.5
Marchio da apporre sulle forme o sulle confezioni di porzionato

La prima cifra indica la tipologia a cui appartiene chi effettua l’immissione in commercio: da 1 a 3 caseifici; da 4 a 6 stagionatori; da 7 a 9 porzionatori residenti in zona.
La seconda e terza cifra identificano il numero del caseificio/stagionatore/porzionatore il cui prodotto è controllato dall’organismo di controllo.

Marchio da apporre sulle etichette

Può essere utilizzato nei colori sopra riportati (verde bandiera, bianco e rosso bandiera) o ad un colore.

 

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Disciplinare di produzione di origine protetta del “Farro di Montefalco di Spoleto” http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-produzione-della-denominazione-origine-protetta-del-farro-monteleone-spoleto/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-produzione-della-denominazione-origine-protetta-del-farro-monteleone-spoleto/#comments Wed, 09 Oct 2013 11:13:52 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=234 Art. 1 Denominazione La Denominazione di Origine Protetta “Farro di Monteleone di Spoleto” è riservata alla granella prodotta dalla varietà locale della specie Triticum dicoccum (Schubler) e che risponda ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione. Art. 2 Caratteristiche del prodotto Il “Farro di Monteleone di Spoleto” è un ecotipo locale della specie Triticum […]

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Art. 1 Denominazione

La Denominazione di Origine Protetta “Farro di Monteleone di Spoleto” è riservata alla granella prodotta dalla varietà locale della specie Triticum dicoccum (Schubler) e che risponda ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

Art. 2 Caratteristiche del prodotto

Il “Farro di Monteleone di Spoleto” è un ecotipo locale della specie Triticum dicoccum (2n=4x=28), tipico della zona delimitata all’art. 3, e che ha assunto, grazie all’adattamento nel tempo al clima ed ai terreni dell’area delimitata, le singolari caratteristiche morfo-fisiologiche che lo distinguono dal farro ottenuto in altre zone geografiche:

  • -  habitus primaverile
  • -  altezza della pianta inferiore a 120 centimetri;
  • -  grado di accestimento medio;
  • -  portamento semieretto a fine accestimento;
  • -  piante con culmi e foglie sottili con glaucescenza variabile da debole a media;
  • -  spiga di piccole dimensioni, tendenzialmente piatta e aristata a maturazione di colore

bianco sporco;

  • -  glumelle strettamente aderenti alla cariosside;
  • -  cariosside con abbondante peluria apicale, pronunciata gibbosità, a frattura vitrea;
  • -  colore marrone chiaro ambrato, caratteristica che conferisce un particolare carattere di

differenziazione, riscontrabile in tutti i prodotti anche dopo la molitura.

Il “Farro di Monteleone di Spoleto” DOP viene immesso al consumo nelle seguenti tipologie:

  • ·  Farro integrale: si presenta in chicchi allungati e ricurvi di colore marrone chiaro

ambrato, spogliato della pula. Al palato risulta consistente e asciutto;

  • ·  Farro semiperlato: differisce da quello integrale solo per una leggera graffiatura (molatura) della superficie della cariosside che resta intera. Visivamente risulta più chiaro del farro integrale e al palato più morbido. Pertanto è il più indicato per minestre ed

insalate di farro;

  • ·  Farro spezzato: è ottenuto dai chicchi di farro integrale cioè semplicemente svestiti della

pula spezzando ogni chicco in più parti (3 o 4 parti) e successivamente vagliato nel calibro attraverso una macchina vagliatrice. Visivamente presenta una colorazione marrone chiaro ambrato ed un aspetto caratterizzato da scaglie vitree;

  • ·  Semolino di farro: è ottenuto per molitura del farro integrale, si presenta come tritello più fine dello spezzato, ma non polveroso per la sua caratteristica vitrea. Al palato si dissolve con una sensazione di pastosità. Il colorito è marrone molto chiaro.

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Art. 3
Zona di produzione

La zona di produzione della DOP “Farro di Monteleone di Spoleto” ricade nell’area montana (di altitudine maggiore o uguale a 700 m s.l.m) dell’area sud est della Provincia di Perugia e comprende: l’intero territorio amministrativo dei comuni di Monteleone di Spoleto e Poggiodomo e parte del territorio amministrativo dei comuni di Cascia, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera e Scheggino.

La linea di delimitazione dell’areale inizia, in senso antiorario, da sud e segue il confine tra la Provincia di Perugia e la Provincia di Rieti, fino alla località Fonte Ruzzo. La linea risale quindi verso nord seguendo la strada doganale che collega Fonte Ruzzo alla località Fonte del Sorcio, successivamente prosegue sulla strada che si dirige verso la località Onelli, all’interno del Comune di Cascia, fino alla località Chiesa di San Sisto. Prosegue poi sulla strada che si dirige a Cascia. Da Cascia procede per la strada in direzione ovest verso Roccaporena passando per località Capanne di Roccaporena, fino ad intersecare il confine amministrativo tra il Comune di Cascia e il comune di Poggiodomo. Risale quindi verso nord lungo il confine amministrativo del Comune di Poggiodomo, fino alla località Casali del Lago. Da Casali del Lago la linea segue la strada verso sud fino a località Forcella e di seguito località San Pietro, fino a giungere alla località Forchetta di Vallo. Da Forchetta di Vallo la linea segue la strada che passa per località Casale Montecastello e Casale Forcella, fino all’innesto con la strada provinciale n. 471 all’interno del territorio comunale di Sant’Anatolia di Narco. Il confine dell’areale procede lungo il corso della strada provinciale n. 471 in direzione sud e passando per località Caso fino a località Gavelli. Da località Gavelli la linea passa lungo la strada che si dirige verso località Romitorio di Sant’Antonio e successivamente, entrando nel Comune di Scheggino, fino a località Pozzo Massarini. Da località Pozzo Massarini prosegue fino a località Immagine, poi continua in direzione sud ovest lungo il confine amministrativo della Provincia di Perugia con la provincia di Terni. La delimitazione segue fino al confine con la Provincia di Rieti (punto di fine e partenza).

Art. 4 Prova dell’origine

Al fine di garantire l’origine del prodotto ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, delle particelle catastali, dei coltivatori/produttori e dei confezionatori, nonché attraverso la denuncia tempestiva alla struttura di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo.

Art. 5 Metodo di ottenimento

Lavorazioni del terreno. La lavorazione del terreno viene eseguita in ottobre-novembre per permettere ai semi delle erbe infestanti di germinare ed insediarsi dopo le piogge di fine estate. La tecnica colturale adottata è quella tradizionale, in uso da centinaia di anni: le lavorazioni principali del terreno, quali aratura e rippatura, sono autunnali o primaverili. La profondità di aratura è di 30-35 cm con rovesciamento completo della zolla; il terreno così lavorato viene lasciato “maturare” per tutto l’inverno. Prima della semina viene effettuata l’erpicatura.

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Semina. La semente da utilizzare per la produzione di granella, certificabile come “Farro di Monteleone di Spoleto”, è compresa tra 120 e 150 kg/ha di granella vestita che deve provenire esclusivamente da coltivazioni effettuate nel territorio delimitato.
La produzione massima consentita di granella vestita di “Farro di Monteleone di Spoleto” è fissata in 3,0 tonnellate per ettaro.

Il “Farro di Monteleone di Spoleto” viene seminato a primavera, dal 1 febbraio fino al 10 maggio. La semina è fatta meccanicamente a file o a spaglio.
Concimazione, diserbo. Al “Farro di Monteleone di Spoleto” vengono somministrate concimazioni in copertura soltanto nei terreni meno fertili e nelle situazioni di avvicendamento più sfavorevoli. Questa consuetudine è legata sia alle abitudini dell’agricoltura locale che, a causa delle scarse potenzialità produttive dell’ambiente, fa poco uso di prodotti chimici, sia alla grande suscettibilità all’allettamento del farro, se coltivato su terreni troppo fertili. Sui terreni più poveri, o in successione a cereali ripetuti per diversi anni, al farro vengono praticate letamazioni nell’autunno precedente la semina. Il “Farro di Monteleone di Spoleto” non viene mai diserbato chimicamente.

La concimazione all’impianto è esclusivamente organica, letamica, o di derivazione letamica. Raccolta. La raccolta avviene nei mesi di luglio, agosto, settembre. La raccolta è eseguita per mietitrebbiatura. Le produzioni sono comprese tra 0,6 e 3,0 tonnellate per ettaro di granella vestita.

Fasi successive alla raccolta. La filiera tecnologica prevede, dopo la raccolta, anche una serie di altre operazioni, diverse a seconda della tipologia da ottenere:

  • ·  Farro integrale: è il farro solamente decorticato ovvero viene tolta soltanto la pula esterna, si tratta della tipologia di farro lavorato che subisce meno interventi tra quelle immesse nel commercio;
  • ·  Farro semiperlato: è il farro intero molito esternamente con una leggera molatura della cariosside attraverso l’utilizzo di una macchina molitrice, per portare ad una riduzione dei tempi di cottura;
  • ·  Farro spezzato: consiste nella spezzatura, molto grossa, del farro decorticato, ottenendo come risultato una grana tradizionalmente usata per ridurre i tempi di cottura di zuppe e minestre;
  • ·  Semolino di farro: consiste nella molitura del farro al fine di ottenere un semolino piuttosto grezzo, con un tritello più grande della farina, ma più fine del farro spezzato;

Conservazione. Il prodotto viene immagazzinato, come da tradizione, nelle seguenti modalità:
- in sacchi o balloni,
- in silos.
Le operazioni di coltivazione e lavorazione devono avvenire nel territorio indicato all’articolo 3 al fine di garantire la tracciabilità ed il controllo e per non alterare la qualità del prodotto.

Art. 6 Legame con l’ambiente

Le particolari caratteristiche fisiche ed organolettiche del “Farro di Monteleone di Spoleto” e soprattutto la tipica cariosside dal colore ambrato e dalla consistenza vitrea alla frattura sono da imputare alla combinazione delle condizioni pedoclimatiche della zona di produzione ed in particolareaiterrenicalcareisassosiposizionatisopraai700mslmcheimpediscono ilristagno dell’acqua nelle stagioni umide.

Le sperimentazioni e gli studi scientifici realizzati, dimostrano che l’utilizzazione della semente del Farro di Monteleone di Spoleto in altre zone della Valnerina dà un prodotto che col passare degli anni perde le caratteristiche specifiche diventando bianconato, a testimonianza del fatto che

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c’è stata una forte ecotipizzazione connessa alla zona di produzione individuata all’articolo 3 del presente disciplinare di produzione, causata anche da un forte isolamento geografico, tanto da costituire uno specifico ecotipo locale.
Dalle analisi sperimentali ufficiali, ne è derivata la descrizione botanica della cariosside: la descrizione morfologica prevede dimensioni medio- piccole, frattura vitrea e di colore marrone chiaro ambrato, distinguendosi dagli altri tipi di farro.

E’ una pianta ad habitus primaverile, adatta alla semina di fine inverno nelle zone montane, questo spiega il forte legame geografico ed antropologico con l’ambiente della zona delimitata all’art.3. La conformazione dell’altopiano è origine delle particolari caratteristiche climatiche del territorio con lunghi inverni molto rigidi con frequenti gelate che si protraggono fino a maggio e pochissime settimane estive con elevate temperature diurne; condizioni climatiche alle quali resiste fruttuosamente l’ecotipo “Farro di Monteleone di Spoleto” adattatosi nel corso del tempo. Il terreno è di tipo alluvionale carsico, mediamente dotato di sostanza organica, con elevata dotazione di fosforo e bassa disponibilità di potassio.

Tali caratteristiche e condizioni hanno determinato l’individuazione della perimetrazione sopra esposta per garantire le caratteristiche organolettiche del prodotto.
A Monteleone di Spoleto, nella “tomba della biga” (tomba etrusca risalente al VI sec. Avanti Cristo), sono stati rinvenuti reperti di cereali, tra cui anche cariossidi di farro appartenenti molto probabilmente proprio alla specie che tradizionalmente viene coltivata oggi a Monteleone di Spoleto, ovvero Triticum dicoccum, a testimonianza della sua larga diffusione e utilizzo tra le colture cerealicole di quel tempo. Nell’area in questione, la ricerca d’archivio ha consentito di recuperare e conservare prove documentali attestanti che fin dal XVI secolo la coltivazione del farro era largamente praticata, poi il suo uso si è protratto nelle consuetudini agrarie della zona nei secoli successivi fino ai nostri giorni. Un dato certo e inconfutabile conferma che nel passato la principale zona di coltivazione del farro era Monteleone e ne danno testimonianza persino i residenti nelle zone limitrofe a quella delimitata all’art. 3 sostenendo: “ lo coltivano là perché fin dagli antichi romani…questo farro di Monteleonequi nella zona c’è sempre stato”. Gli usi tradizionali della granella di farro inquadrano meglio la dimensione storica del farro rispetto al suo ambiente. Le tecniche di preparazione dei terreni, la scelta dei tempi giusti della semina e della raccolta la cura con cui viene lavorato ed immesso al commercio nelle varie tipologie e soprattutto le numerose ricette culinarie locali che i produttori della zona hanno saputo mantenere e tramandare nell’arco degli anni aggiungono quel valore umano che più di ogni altro fattore rende tipica la denominazione di origine di un prodotto.

Art. 7 Controlli

Il controllo sulla conformità del prodotto al disciplinare è svolto conformemente a quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 del Reg. CE 510/2006.

Art. 8 Etichettatura

Il “Farro di Monteleone di Spoleto” viene immesso al consumo in sacchetti di plastica garantiti per l’inalterabilità delle caratteristiche organolettiche e di salubrità del prodotto, del peso di 1⁄2 kg e di 1 kg e in sacchi di carta o di nylon del peso di 25 kg. Il prodotto confezionato in sacchetti di plastica viene commercializzato con la tecnica del sottovuoto, utilizzata per tutte le tipologie di prodotto, ovvero per farro integrale, semiperlato, spezzato e semolino. Le confezioni del “Farro di Monteleone di Spoleto” DOP devono rispettare tutte le norme di legge in materia di

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etichettatura ed in particolare dovranno essere adeguatamente sigillate. Il prodotto deve essere condizionato in modo tale da garantire una adeguata protezione. Gli imballaggi devono essere nuovi, puliti atossici e conformi alla vigente normativa comunitaria e nazionale di riferimento, così come carte o stampe ivi inserite e a contatto con il prodotto.

La confezione reca obbligatoriamente sulla etichetta a caratteri di stampa chiari e leggibili, oltre al logo della denominazione, al simbolo grafico comunitario e relative menzioni e alle informazioni corrispondenti ai requisiti di legge le seguenti ulteriori indicazioni:

o Nome e cognome o ragione sociale, indirizzo o sede del confezionatore; o Datadiconfezionamento;
o Peso netto all’origine (comunque soggetto a calo naturale);
o L’acronimo D.O.P.;

o La tipologia di farro confezionata secondo quanto descritto all’articolo 2 del presente disciplinare di produzione.

o La dicitura “Prodotto di montagna”

  1. a)  Il logo è composto da un rettangolo contenente una cornice-linea, con rapporto base/altezza = 1,15. Nella parte destra, compare la sagoma di profilo di un leone rampante con 2 spighe di farro sulla zampa anteriore destra. In basso vi è un campo, con in evidenza sei spighe di farro. Di fronte al leone in alto a sinistra è scritto “Farro di Monteleone di Spoleto” D.O.P.
  2. b)  La base minima ammessa è di 2,5 cm;
  3. c)  La dicitura “Farro di Monteleone di Spoleto” D.O.P. è ammessa sia in colore nero, sia in

pantone 1805 (Rosso Bordeaux);

  1. d)  Tipo di caratteri: Times SC;
  2. e)  Specifiche dei colori: pantone 131 (Bronzo), pantone 1805 (Rosso Bordeaux), Nero,

sfondo Bianco.

Nel caso dell’utilizzazione del logo per l’etichettatura, si fa obbligo di rispettare rigorosamente le proporzioni dei caratteri, secondo la rappresentazione grafica di seguito riportata.
E’ comunque ammesso l’uso del logo in scala di grigi o monocromatico.

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Art. 9 Prodotti Trasformati

I prodotti per la cui preparazione è utilizzato il “Farro di Monteleone di Spoleto” DOP anche a seguito di processi di elaborazione e di trasformazione, possono essere immessi al consumo in confezioni recanti il riferimento alla detta denominazione, senza l’apposizione del logo comunitario. Il menzionato riferimento alla denominazione dovrà riportare la seguente frase: “prodotto realizzato con Farro di Monteleone di Spoleto”. Le sopramenzionate disposizioni sono subordinate a condizione che: la Denominazione di Origine Protetta certificato come tale, costituisca il componente esclusivo della specie Triticum dicoccum (Schubler); il suddetto riferimento sia fatto in modo tale che non possa sussistere dubbio per il consumatore circa il fatto che la protezione DOP concerne esclusivamente l’ingrediente e non il prodotto elaborato o trasformato.

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Disciplinare di produzione della IGP “Lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP” http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-produzione-della-indicazione-geografica-protetta-lenticchia-castelluccio-norcia-igp/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-produzione-della-indicazione-geografica-protetta-lenticchia-castelluccio-norcia-igp/#comments Wed, 09 Oct 2013 11:13:15 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=232 Art. 1 La Indicazione Geografica Protetta “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” è riservata alle lenticchie rispondenti alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione. Art. 2 La denominazione “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” è riservata all’insieme di ecotipi locali di lenticchia le cui caratteristiche morfologiche sono quelle di leguminosa annuale con altezza […]

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Art. 1

La Indicazione Geografica Protetta “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” è riservata alle lenticchie rispondenti alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.

Art. 2

La denominazione “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” è riservata all’insieme di ecotipi locali di lenticchia le cui caratteristiche morfologiche sono quelle di leguminosa annuale con altezza variabile da 20 a 40 cm., portamento eretto o semieretto, steli e rami glabri, fiori piccoli bianchi con sfumature celesti riuniti in infiorescenze ascellari; i baccelli portano da uno a tre semi tondeggianti ed appiattiti con un peso di 1000 semi per circa 23 g.

Art. 3

La zona di coltivazione della “Lenticchia di Castelluccio di Norcia”, così come individuata nell’allegata cartina, è l’altopiano di Castelluccio per una superficie complessiva di circa 20 Kmq., ricadente per la parte del Pian Grande e del Pian Piccolo nel Comune di Norcia e per la parte del Pian Perduto nel Comune di Castel Santangelo sul Nera (Macerata) con un’altitudine media di 1400 m. s.l.m. circondato dai monti Porche, Argentella, Vettore, Guaidone, Ventosola, Patino, Lieto. La zona di produzione ricade integralmente nel Parco nazionale dei Monti Sibillini. L’altopiano di Castelluccio rappresenta il fondo di un lago prosciugatosi in era preistorica per il manifestarsi di fenomeni carsici. La conformazione della vallata accentua alcune caratteristiche del clima della Valnerina con inverni molto rigidi, con innevamento continuo da fine novembre alla metà di marzo e gelate primaverili che si protraggono fino ad inizio giugno, lasciando pochissime settimane con una estate con eccessi termici dovuti anche alla altitudine che aumenta l’incidenza delle radiazioni U.V.

Art. 4

Il terreno risulta di tipo franco-argilloso, molto ricco di sostanza organica, con una elevata dotazione di fosforo mentre bassa è la disponibilità di potassio. La capacità di scambio cationico risulta molto alta in conseguenza dell’elevato contenuto in sostanza organica.

La tecnica colturale adottata è quella tradizionale, in uso da moltissime centinaia di anni: aratura ed erpicatura all’inizio della primavera, semina dalla metà di marzo alla metà di maggio, rullatura dei campi per facilitare la germinazione. L’elevata frequenza delle piogge ed i precoci freddi autunnali accorciano il periodo di maturazione della lenticchia costringendo gli agricoltori allo sfalcio e successiva trebbiatura entro agosto. I baccelli vengono lasciati essiccare nel campo e quindi trebbiati nell’aia. La produzione unitaria massima consentita di “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” è fissata in 800 Kg/Ha.

Art. 5

La sussistenza delle condizioni tecniche di idoneità di cui al precedente art. 4 è accertata dalla Regione Umbria.

I terreni di produzione della “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” saranno inseriti in un apposito albo aggiornato dalle Camere di Commercio, industria, artigianato ed agricoltura competenti per .territorio. Copia di tale albo deve essere depositata presso i Comuni in cui ricade il territorio di produzione.

Art. 6

La “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” si presenta al consumo con colore variegato che va dal verde screziato al marroncino chiaro, con presenza di semi tigrati.

Art. 7

La “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” deve essere immessa al consumo in sacchetti di juta o in confezioni di cartone o di plastica garanti della inalterabilità delle caratteristiche di salubrità ed organolettiche del prodotto, del peso di kg. 0,250, kg. 0,500, kg. 1.

Su ciascun contenitore deve essere apposta una copertura sigillante tale da impedire che il contenuto possa venire astratto senza la rottura del sigillo.

Sui contenitori stessi devono essere indicate, in caratteri di stampa delle medesime dimensioni, le diciture “Lenticchia di Castelluccio di Norcia” e “Indicazione Geografica Protetta”, oltre agli estremi atti ad individuare:

- nome o ragione sociale ed indirizzo o sede del produttore singolo e/o associato e/o del confezionatore;

- annata di produzione;

- peso lordo all’origine;

nonché eventuali indicazioni complementari ed accessorie non aventi carattere laudativo e non idonee a trarre in inganno il consumatore sulla natura e le caratteristiche del prodotto.

Dovrà figurare inoltre la dizione “Prodotto in Italia” per le partite destinate all’esportazione.

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Disciplinare prosciutto di Norcia http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-prosciutto-norcia/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-prosciutto-norcia/#comments Wed, 02 Oct 2013 14:46:05 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=206 Art. 1 (Denominazione) L’Indicazione Geografica Protetta “Prosciutto di Norcia” è riservata al prosciutto crudo stagionato che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare. Art. 2 (Zona di produzione) L’elaborazione del “Prosciutto di Norcia” deve avvenire nella zona tradizionalmente vocata comprendente i comuni di Norcia, Preci, Cascia, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo, nei territori […]

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Art. 1 (Denominazione)

L’Indicazione Geografica Protetta “Prosciutto di Norcia” è riservata al prosciutto crudo stagionato che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare.

Art. 2
(Zona di produzione)

L’elaborazione del “Prosciutto di Norcia” deve avvenire nella zona tradizionalmente vocata comprendente i comuni di Norcia, Preci, Cascia, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo, nei territori posti ad altitudine superiore ai 500 m.s.l.. Il regime climatico dell’area di elaborazione del Prosciutto di Norcia è determinante nella dinamica del ciclo produttivo che è strettamente collegato all’andamento meteorologico caratteristico ed alle particolari condizioni ambientali.

Art. 3 (materie prime)

Il Prosciutto di Norcia è ottenuto dalle cosce dei:
a) suini delle razze tradizionali Large White Italiana e Landrace Italiana, così come migliorate dal Libro Genealogico Italiano, o figli di verri delle stesse razze;
b) suini figli di verri di razza Duroc Italiana, così come migliorata dal libro Genealogico Italiano;
c) suini figli di verri di altre razze ovvero di verri ibridi purché provengano da schemi di selezione o incrocio attuati con finalità non incompatibili con quelle del Libro Genealogico Italiano per la produzione del suino pesante.
Non sono in ogni caso ammessi:
a) suini portatori di caratteri antitetici, con particolare riferimento al gene responsabile della sensibilità agli stress (PSS);
b) tipi genetici ed animali comunque ritenuti non conformi ai fini del presente disciplinare;
c) animali in purezza delle razze Landrace Belga, Hampshire, Pietrain, Duroc e Spotted Poland.
Non vi è limitazione geografica all’origine dei suini.
L’alimentazione, unitamente alle tecniche di allevamento, concorre ad assicurare l’ottenimento di un suino pesante, mediante moderati accrescimenti giornalieri. A tal fine, sono osservate le prescrizioni che seguono.
Gli alimenti utilizzati devono essere conformi agli standard merceologici.
Per l’alimentazione dei suini da 30 fino ad 80 chilogrammi di peso vivo sono utilizzati, oltre a quelli considerati in tabella n.2, ed impiegati in idonea concentrazione, gli alimenti di seguito elencati in tabella n.1, come sostanza secca, con l’osservanza dei limiti specifici contestualmente prescritti per il loro impiego, da operare in modo tale che la sostanza secca da cereali non risulti inferiore al 45% di quella totale:

Tabella 1
Mais, semola glutinata (1) fino al 5% della ss della razione
Carrube denocciolate fino al 3% della ss della razione

1

Aringhe (2) fino al 1% della ss della razione
Distillers (3) fino al 3% della ss della razione
Latticello fino a max l. 6 capo/giorno
Lipidi (4) fino al 2% della ss della razione
Lisati proteici fino al 1% della ss della razione
Silomais fino al 10% della ss della razione
Proteine animali ove ammesse dalla normativa comunitaria, fino al 2% della ss. della razione
(1) ovvero corn gluten feed
(2) farina
(3) per “distillers” si intende il sottoprodotto ottenuto dal mais sottoposto a fermentazione alcoolica, costituito principalmente da trebbie solubili; esso può contenere analoghi sottoprodotti della distillazione dei cereali; l’impiego di distillers (ovvero le borlande), praticato come supporto di additivi ammessi, è sempre consentito nel limite massimo del 2% sulla ss(4) con punto di fusione superiore a 36C° ss = sostanza secca.

Per l’alimentazione dei suini oltre 80 chilogrammi di peso vivo, sono utilizzati gli alimenti di seguito elencati come sostanza secca, con l’osservanza dei limiti specifici contestualmente prescritti per il loro impiego, da operare in modo che la sostanza secca da cereali non risulti inferiore al 55% di quella totale:

Tabella 2

Mais(*)
Mais, pastone di granella (1)
Sorgo
Orzo
Frumento
Triticale
Avena
Cereali minori (2)
Cruscami ed altro (3)
Patata disidratata
Manioca
Barbabietola, polpe umide (4)
Lino, expeller
Barbabietola, polpe secche(5)
Marco mele-pere; buccette (6)
Latte, siero
Latticello
Erba medica disidratata
Melasso
Soia, f.e. (**)
Girasole, f.e.
Sesamo, f.e.
Mais germe, f.e.
Pisello (7)
Lievito di birra e/o di torula
Lipidi (8)
(1) e/o pannocchia
(2) ad esempio: riso sbramato
(3) sottoprodotti della lavorazione del frumento
(4) surpressate ed insilate
(5) esauste
(6) buccette d’uva e di pomodori, impiegati quali veicoli di integratori
(7) e/o altri semi di leguminose
(8) con punto di fusione superiore a 40C°
ss = sostanza secca
(*) se indicati senza altra specificazione, i cereali sono somministrati come granella secca sfarinata

fino al 55% della ss della razione
fino al 55% della ss della razione
fino al 40% della ss della razione
fino al 40% della ss della razione
fino al 25% della ss della razione
fino al 25% della ss della razione
fino al 25% della ss della razione
fino al 25% della ss della razione
fino al 20% della ss della razione
fino al 15% della ss della razione
fino al 5% della ss della razione
fino al 15% della ss della razione
fino al 2% della ss della razione
fino al 4% della ss della razione
fino al 2% della ss della razione
fino a max l. 15 capo/giorno
fino a max ss di gr 250 capo/giorno
fino al 2% della ss della razione
fino al 5% della ss della razione
fino al 15% della ss della razione
fino al 8% della ss della razione
fino al 3% della ss della razione
fino al 5% della ss della razione
fino al 5% della ss della razione
fino al 2% della ss della razione
fino al 2% della ss della razione

2

(**) farina di estrazione

L’uso congiunto di siero e di latticello non deve essere superiore a litri 15 capo/giorno.
Il contenuto di azoto associato a borlande deve essere inferiore al 2%.
L’uso congiunto di patata disidratata e di manioca non deve superare il 15% della sostanza secca della razione.
Tutti i parametri sopra indicati ammettono tolleranze non superiori al 10%.
Le caratteristiche di composizione della razione somministrata devono essere tali da soddisfare i fabbisogni degli animali nelle diverse fasi del ciclo di allevamento in relazione agli obiettivi del presente disciplinare.
Sono inoltre osservati i seguenti parametri chimici, costituenti limiti percentuali di ammissibilità nella composizione della sostanza secca della razione alimentare somministrata:

Tabella 3
composizione in fino a 80 Kg di peso vivo da 80 Kg di peso vivo
Fibra greggia Min. 3% Max. 10% Min. 3% Max. 8%
Grassi Min. 3% Max 7% Min. 3% Max. 6%
Proteina greggia Min. 14% Max. 20% Min. 12% Max. 18%
Ceneri Min. 5% Max. 9% Min. 4% Max. 8%
Amido > 25% > 30%
Acido linoleico ≤ 2% ≤ 2%

È ammessa l’integrazione minerale e vitaminica della razione nei limiti definiti dalla vigente legislazione di ordine generale.
Ai sensi del presente disciplinare le tecniche di allevamento, gli alimenti consentiti, le loro quantità e modalità di impiego sono finalizzate ad ottenere un suino pesante tradizionale, obiettivo che deve essere perseguito nel tempo attraverso moderati accrescimenti giornalieri ed un’alimentazione conforme alla disciplina generale in vigore.

I suini sono inviati alla macellazione non prima che sia trascorso il nono mese e non dopo che sia trascorso il quindicesimo mese dalla nascita. Il loro stato sanitario deve essere ottimo e come tale attestato dalla competente Autorità sanitaria; ai fini del presente disciplinare, dalla macellazione è escluso l’impiego di verri e scrofe, di carcasse non ben dissanguate ovvero caratterizzate dalla presenza di miopatie conclamate (PSE e DFD) o di postumi evidenti di processi flogistici e traumatici.

Il peso medio della singola partita (peso vivo) inviata alla macellazione deve corrispondere a Kg. 160, più o meno il 10% e, quindi, deve essere compreso nell’intervallo corrente tra Kg. 144 e Kg. 176.
I requisiti di conformità prescritti dal presente disciplinare, relativi ai suini trasferiti tra gli allevamenti ed ai suini destinati alla macellazione sono attestati dall’allevatore mediante procedure sottoposte alla verifica dell’Autorità di controllo indicata nel successivo art. 7.

Le carcasse ottenute dalla macellazione devono essere classificate come pesanti nelle forme previste dal Regolamento (CEE) n. 3220/84, dalla decisione della Commissione 2001/468/CE dell’8/6/2001 e dal Decreto Ministeriale 11/07/2002 e mediamente caratterizzate dalle classi centrali del sistema ufficiale di valutazione della carnosità.

Il macellatore è responsabile della corrispondenza qualitativa e di origine dei tagli. Il certificato del macello che, a tale scopo, accompagna ciascuna partita di materia prima e ne attesta la conformità ai fini del presente disciplinare deve essere conservato dal produttore. I relativi controlli vengono effettuati direttamente dall’Organismo di Controllo autorizzato, che dispone idonee misure per la conservazione della prova dell’origine.

Nel procedimento di salatura si impiega cloruro di sodio marino di grana media e pepe in modeste quantità.

3

Art. 4
(metodo di elaborazione)

Subito dopo la macellazione le cosce isolate della carcassa sono sottoposte a refrigerazione per almeno 24 ore fino al raggiungimento di una temperatura interna fra + 1°C e + 4°C. Successivamente si passa alla rifilatura delle cosce procedendo a “squadro” con il piatto delle stesse. In tal modo la parte muscolosa oltre il “pallino” non supera 6 cm ed al prosciutto è conferita la caratteristica forma a “pera”.

La lavorazione delle cosce continua poi con la salatura che è effettuata in due tempi utilizzando sale marino di grana media. Le cosce sono inizialmente preparate mediante la spremitura dei vasi sanguigni e successivamente strofinate con sale umido e sale a secco. Dopo un periodo di 4 – 7 giorni ad una temperatura delle cosce compresa tra + 1° C e + 4° C ed umidità relativa delle celle di salatura compresa tra 70 e 90%, si procede alla dissalatura ed alla spremitura dei vasi sanguigni.

La seconda salatura dura 9 – 18 giorni con una temperatura delle cosce compresa tra + 1° C e + 4° C ed umidità relativa delle celle di salatura compresa tra 70 e 90%
Successivamente le cosce sono dissalate e poste a riposo per un periodo di almeno 2,5 mesi.

Art. 5 (Stagionatura)

Prima di passare alla fase di stagionatura si procede al lavaggio, all’asciugamento ed alla stuccatura che consiste nel rivestimento superficiale della polpa e delle screpolature con un impasto di sugna che può contenere pepe, farina di frumento e/o farina di riso ed aromi naturali.

La successiva fase di stagionatura avviene in locali appositamente attrezzati per consentire un adeguato ricambio dell’aria e mantenere il giusto equilibrio termo-igrometrico.
Durante tale periodo è consentita la ventilazione, l’esposizione alla luce ed all’umidità naturale tenuto conto dei fattori climatici presenti nell’area di elaborazione.

Il periodo di stagionatura, dalla salagione alla commercializzazione non può essere inferiore a 12 mesi.

Art. 6 (Caratteristiche)

All’atto della immissione al consumo il Prosciutto di Norcia presenta le seguent i caratteristiche fisiche e organolettiche:

CARATTERISTICHE FISICHE
Forma: caratteristica a “pera”
Peso: non inferiore a 8,5 Kg.
Aspetto al taglio: compatto, di colore dal rosato al rosso.

CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE Profumo: tipico, leggermente speziato. Sapore: sapido ma non salato.

Art. 7 (Controlli)

4

Il controllo sulla conformità del prodotto al presente disciplinare di produzione è svolto, conformemente a quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 del Reg. (CE) n. 510/2006, dalla struttura di controllo denominata “3A Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria soc. cons. a r. l.” con sede in Todi (PG), Fraz. Pantalla, tel. +39 075 89571, Fax +39 075 8957257, e-mail: certificazione@parco3a.org.

Ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, degli allevatori, dei macellatori, dei produttori e degli stagionatori, nonché attraverso la denuncia alla struttura di controllo dei quantitativi prodotti, è garantita la tracciabilità del prodotto.

Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo.

Art. 8 (Designazione e presentazione)

Il Prosciutto di Norcia è immesso al consumo provvisto di apposito contrassegno che identifica il prodotto.
Il contrassegno è costituito da un logo recante la dicitura “Prosciutto di Norcia” apposto con marchiatura a fuoco.

La designazione della indicazione geografica protetta “Prosciutto di Norcia” deve essere fatta in caratteri chiari e indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare in etichetta ed essere immediatamente seguita dalla menzione “Indicazione geografica protetta” e/o dalla sigla “IGP” che deve essere tradotta nella lingua del paese in cui il prodotto viene commercializzato.

Tali indicazioni sono abbinate al logo della denominazione.
È vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista.
È tuttavia consentito l’utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati purché non abbiano significato laudativo o tali da trarre in inganno l’acquirente, nonché l’eventuale nome di aziende suinicole dai cui allevamenti il prodotto deriva.

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Disciplinare salamini italiani alla cacciatora http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-salamini-italiani-alla-cacciatora/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-salamini-italiani-alla-cacciatora/#comments Wed, 02 Oct 2013 14:42:52 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=203 Provvedimento 23 ottobre 2001 – GURI n. 258 del 6 novembre 2001 (Iscrizione nel “Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette” ai sensi del Reg. CE n. 1778/2001) Art. 1 Denominazione La denominazione d’origine è riservata, ai sensi dell’art. 2, comma 3 del regolamento CEE 2081/92, al prodotto di salumeria che […]

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Provvedimento 23 ottobre 2001 – GURI n. 258 del 6 novembre 2001
(Iscrizione nel “Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette” ai sensi del Reg. CE n. 1778/2001)

Art. 1
Denominazione

La denominazione d’origine è riservata, ai sensi dell’art. 2, comma 3 del regolamento CEE 2081/92, al prodotto di salumeria che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

Art. 2
Zona di produzione

Gli allevamenti dei suini destinati alla produzione dei salamini italiani alla cacciatora debbono essere situati nel territorio delle seguenti regioni: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio e Molise.

I suini nati, allevati e macellati nelle suddette regioni debbono rispondere alle caratteristiche produttive già stabilite dai decreti del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato del 18 dicembre 1993 per i prosciutti di Parma e S. Daniele. I suini devono essere di peso non inferiore ai 160 kg, più o meno 10%, di età non inferiore ai nove mesi, aventi le caratteristiche proprie del suino pesante italiano definite ai sensi del regolamento CEE n. 3220/84 concernente la classificazione commerciale delle carcasse suine. Da tali suini si ottengono carni aventi le caratteristiche necessarie per la produzione dei salamini italiani alla cacciatora. Il macellatore è responsabile della corrispondenza qualitativa e di origine dei tagli. Il certificato del macello, che accompagna ciascuna partita di materia prima e ne attesta la provenienza e la tipologia, deve essere conservato dal produttore. I relativi controlli vengono effettuati direttamente dall’Autorità di controllo indicata nel successivo art. 7.

I salamini italiani alla cacciatora sono ottenuti nella zona tradizionale di produzione che comprende l’intero territorio delle seguenti regioni, esattamente corrispondenti a quelle di provenienza dei suini: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio e Molise.

Art. 3
Materie prime

I salamini italiani alla cacciatora sono prodotti con carni magre ottenute da muscolatura striata appartenente alla carcassa di suino, grasso suino duro, sale, pepe a pezzi e/o macinato, aglio.

Non possono essere impiegate carni separate meccanicamente.

Possono essere addizionati vino, zucchero e/o destrosio e/o fruttosio e/o lattosio, latte magro in polvere o caseinati, colture di avviamento alla fermentazione, nitrato di sodio e/o potassio alla dose massima di 195 parti per milione, nitrito di sodio e/o potassio alla dose massima di 95 parti per milione, acido ascorbico e suo sale sodico.

Art. 4
Metodo di elaborazione

La produzione dei salamini italiani alla cacciatora, compreso il confezionamento, l’affettamento ed il porzionamento deve avvenire nella zona delimitata nell’art. 2, con la seguente metodologia di elaborazione: le frazioni muscolari e adipose, ottenute da carni macellate secondo le vigenti disposizioni, sono mondate accuratamente asportando le parti connettivali di maggior dimensioni ed il tessuto adiposo molle e devono essere fatte sostare in apposite celle frigorifere a temperatura di congelazione o refrigerazione e comunque non superiore ai 7°C.

La macinatura deve essere effettuata in tritacarne con stampi con fori compresi tra i 3 e gli 8 mm o con altri sistemi che garantiscano analoghi risultati.

L’eventuale impastatura di tutti gli ingredienti deve essere effettuata in macchine sottovuoto o a pressione atmosferica.

L’insaccatura avviene in budelli naturali o artificiali di diametro non superiore a 75 mm, eventualmente legati in filza.

L’asciugamento dei salamini è effettuato a caldo (temperatura compresa tra 18° e 25°C) e deve consentire una rapida disidratazione delle frazioni superficiali nei primi giorni di trattamento, non possono comunque essere adottate tecniche che prevedano una fermentazione accelerata.

Art. 5
Stagionatura

I salamini italiani alla cacciatora devono essere stagionati per almeno dieci giorni in locali dove sia assicurato un sufficiente ricambio di aria a temperatura compresa fra 10° e 15°C. La stagionatura, periodo comprendente anche l’asciugamento, deve garantire la conservazione e la salubrità in condizioni normali di temperatura ambiente.

Art. 6
Caratteristiche

I salamini italiani alla cacciatora all’atto dell’immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche organolettiche, chimiche e chimico-fisiche e microbiologiche:

Caratteristiche organolettiche:

- aspetto esterno: forma cilindrica;

- consistenza: il prodotto deve essere compatto di consistenza non elastica;

- aspetto al taglio: la fetta si presenta compatta ed omogenea, con assenza di frazioni aponeurotiche evidenti;

- colore: rosso rubino uniforme con granelli di grasso ben distribuiti;

- odore: profumo delicato e caratteristico;

- sapore: gusto dolce e delicato mai acido.

Caratteristiche chimiche e chimico-fisiche:

- proteine totali, min. 20%;

- rapporto collageno/proteine, max. 0,15;

- rapporto acqua/proteine, max. 2,30;

- rapporto grasso/proteine max. 2,00;

- pH maggiore o uguale 5,3.

Caratteristiche microbiologiche: carica microbica mesofila 41 x 10 alla settima unità formanti colonia/grammo con prevalenza di lattobacillacee e coccacee.

Il prodotto finito presenta diametro di circa 60 mm, lunghezza di circa 200 mm e peso in media di 350 grammi.

Art. 7
Controlli

L’attività di controllo dei “Salamini italiani alla cacciatora” viene esercitata, ai sensi dell’art. 10 del regolamento (CEE) 2081/92, da un’autorità pubblica designata o da un organismo privato autorizzato.

Restano valide le competenze attribuite al medico veterinario ufficiale della USL dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 537 (di recepimento della direttiva 92/5/CE) in materia di ispezioni e controlli dei prodotti a base di carne.

Art. 8
Designazione e presentazione

La designazione della denominazione di origine controllata “Salamini italiani alla cacciatora” deve essere fatta in caratteri chiari e indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare in etichetta ed essere immediatamente seguita dalla menzione “Denominazione di origine protetta”. Per il prodotto destinato ai mercati internazionali può essere utilizzata la menzione “Denominazione di origine protetta” nella lingua del Paese di destinazione.

È vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista.

È tuttavia consentito l’utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati purché non abbiano significato laudativo o tali da trarre in inganno l’acquirente, nonché l’eventuale nome di aziende suinicole dai cui allevamenti il prodotto deriva, purché la materia prima provenga interamente dai suddetti allevamenti.

I “Salamini italiani alla cacciatora” possono essere commercializzati sfusi ovvero confezionati sottovuoto o in atmosfera modificata, interi, in tranci o affettati. Le operazioni di confezionamento, affettamento e porzionamento devono avvenire, sotto la vigilanza dell’autorità di controllo indicata all’art. 7, esclusivamente nella zona di elaborazione del prodotto.

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Disciplinare Olio Umbria http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-olio-umbria/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-olio-umbria/#comments Wed, 02 Oct 2013 14:24:42 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=200 Disciplinare di produzione dell’olio extravergine di oliva “Umbria” a Denominazione di Origine Controllata DM 6 agosto 1998 – GURI n. 193 del 20 agosto 1998 (Iscrizione nel “Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette” ai sensi del Reg. CE n. 2325/97) Art. 1 Denominazione La denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata […]

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Disciplinare di produzione dell’olio extravergine di oliva “Umbria” a Denominazione di Origine Controllata
DM 6 agosto 1998 – GURI n. 193 del 20 agosto 1998
(Iscrizione nel “Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette” ai sensi del Reg. CE n. 2325/97)

Art. 1
Denominazione

La denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata obbligatoriamente da una delle seguenti menzioni geografiche aggiuntive: Colli Assisi-Spoleto, Colli Martani, Colli Amerini, Colli del Trasimeno, Colli Orvietani è riservata all’olio extravergine di oliva rispondente alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

Art. 2
Varietà di olivo

1) La denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Assisi-Spoleto, è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle seguenti varietà di olivo: Moraiolo in misura non inferiore al 60%; Leccino e Frantoio, presenti da sole o congiuntamente, in misura non superiore al 30%. Possono, altresì, concorrere altre varietà fino al limite massimo del 10%.

2) La denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Martani, è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle seguenti varietà di olivo: Moraiolo in misura non inferiore al 20%; S.Felice, Leccino e Frantoio, presenti da sole o congiuntamente, in misura non inferiore all’80%. Possono, altresì, concorrere altre varietà fino al limite massimo del 10%.

3) La denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Amerini, è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle seguenti varietà di olivo: Moraiolo in misura non inferiore al 15%; Rajo, Leccino e Frantoio, presenti da sole o congiuntamente, in misura non superiore all’85%. Possono, altresì, concorrere altre varietà fino al limite massimo del 0%.

4) La denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli del Trasimeno, è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle seguenti varietà di olivo: Moraiolo e Dolce Agocia, in misura non inferiore al 15%; Leccino e Frantoio, presenti da sole o congiuntamente, in misura non inferiore al 65%. Possono, altresì, concorrere altre varietà fino al limite massimo del 20%.

5) La denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Orvietani, è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto dalle seguenti varietà di olivo: Moraiolo e Dolce Agocia, in misura non inferiore al 15%; Frantoi, in misura non superiore al 30%; Leccino in misura non superiore al 60%. Possono, altresì, concorrere altre varietà fino al limite massimo del 20%.

Art. 3
Zona di produzione

1) La zona di produzione delle olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Assisi-Spoleto, comprende i territori amministrativi dei seguenti comuni della regione Umbria:

Gubbio, Scheggia e Pascelupo, Costacciaro, Sigillo, Fossato di Vigo, Gualdo Tadino, Valfabbrica, Assisi, Spello, Valtopina, Foligno, Trevi, Sellano, Campello sul Clitunno, Spoleto (la parte ad est della s.s. n.3 Flaminia), Scheggino, S.Anatolia di Narco, Vallo di Nera, Cerreto di Spoleto, Preci, Norcia, Cascia, Poggiodomo, Monteleone, Montefranco, Arrone, Polino, Ferentillo, Terni, Stroncone.

2) La zona di produzione delle olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Martano, comprende i territori amministrativi dei seguenti comuni della regione Umbria:

Acquasparta, Spoleto (la parte ad ovest della s.s. n.3 Flaminia), Massa Martana, Todi, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria, Montefalco, Gualdo Cattaneo, Collazzone, Bevagna, Cannara, Bettona, Deruta, Torgiano, Bastia Umbra.

3) La zona di produzione delle olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Amerino, comprende i territori amministrativi dei seguenti comuni della regione Umbria:

Calvi, Otricoli, Narni, Amelia, Penna in Teverina, Giove, Attigliano, Lugnano in Teverina, Alviano, Guardea, San Gemini, Montecastrilli, Avigliano.

4) La zona di produzione delle olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colline del Trasimeno, comprende i territori amministrativi dei seguenti comuni della regione Umbria:

Perugia, Piegaro, Paciano, Panicale, Castiglion del Lago, Magione, Tuoro sul Trasimeno, Passignano sul Trasimeno, Lisciano, Niccone, Umbertide, Città di Castello, Monte S.Maria, Tiberina, Corciano, Citerna, San Giustino, Montone, Pietralunga.

5) La zona di produzione delle olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Orvieto, comprende i territori amministrativi dei seguenti comuni della regione Umbria:

Montecchio, Baschi, Orvieto, Porano, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Allerona, Ficulle, Parrano, San Venanzio, Monteleone d’Orvieto, Fabbro, Montegabbione, Montecastello di Vibio, Fratta Todina, Marsciano, Città del Pieve.

Art. 4
Caratteristiche di coltivazione

1) Le condizioni ambientali e di coltura degli oliveti destinati alla produzione dell’olio extravergine di oliva di cui all’art. 1 devono essere quelle tradizionali e caratteristiche della zona e, comunque, atte a conferire alle olive ed all’olio derivato le specifiche caratteristiche qualitative.

I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli tradizionalmente usati o, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle olive e dell’olio.

2) Per la produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Assisi-Spoleto, sono da considerarsi idonei gli oliveti compresi nella zona di produzione descritta al punto 1) dell’art. 3 posti nella zona geografica caratterizzata da una piovosità media annua pari a mm 981 e una temperatura media annua compresa tra 13,4 ± 6 °C, i cui terreni siano derivati dalla disgregazione meccanica di calcari sopracretacei con formazione del tipo denominato “renano” in cui prevale lo scheletro mescolato a terra rossa o terra bruna, o formati da terre brune azonali derivanti dalla alterazione di calcari marnosi, di buona struttura e fertilità. La difesa fitosanitaria degli oliveti deve essere effettuata secondo le modalità definite dai programmi di lotta guidata.

3) Per la produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Martani, sono da considerarsi idonei gli oliveti compresi nella zona di produzione descritta al punto 2) dell’art. 3 posti nella zona geografica caratterizzata da una piovosità media annua pari a mm 892 e una temperatura media annua compresa tra 14 ± 5,4 °C, i cui terreni siano costituiti da una serie di conglomerati, sabbie e argille, con prevalenza di costituenti silicei, generalmente dotati di calcare e prevalentemente sciolti. La difesa fitosanitaria degli oliveti deve essere effettuata secondo le modalità definite dai programmi di lotta guidata.

4) Per la produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Amerini, sono da considerarsi idonei gli oliveti compresi nella zona di produzione descritta al punto 3) dell’art. 3 posti nella zona geografica caratterizzata da una piovosità media annua pari a mm 927 e una temperatura media annua compresa tra 14,4 ± 5,6 °C, i cui terreni siano situati nelle colline derivanti dalla erosione dei sedimenti del Villafranchiano e siano di natura arenacea, sabbiosi e marnoso-arenacei, con presenza alle falde dei rilievi rocciosi del miocene di terreni detritici, sciolti ad alto contenuto di scheletro. La difesa fitosanitaria degli oliveti deve essere effettuata secondo le modalità definite dai programmi di lotta guidata.

5) Per la produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colline del Trasimeno, sono da considerarsi idonei gli oliveti compresi nella zona di produzione descritta al punto 4) dell’art. 3 posti nella zona geografica caratterizzata da una piovosità media annua pari a mm 873 e una temperatura media annua compresa tra 12,9 ± 5,7 °C, i cui terreni siano di colore bruno, ad alto contenuto in silice e con la presenza alternata di calcari marnosi, provenienti dal disfacimento dei grossi banchi di arenaria oligocenica, di buona struttura e tendenzialmente sciolti, o posti in collina e derivanti dai depositi del Villafranchiano in cui la sabbia è mescolata a marne calcaree con la formazione di terreni di medio impasto. La difesa fitosanitaria degli oliveti deve essere effettuata secondo le modalità definite dai programmi di lotta guidata.

6) Per la produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Orvietani, sono da considerarsi idonei gli oliveti compresi nella zona di produzione descritta al punto 5) dell’art. 3 posti nella zona geografica caratterizzata da una piovosità media annua pari a mm 850 e una temperatura media annua compresa tra 14,1 ± 5,5 °C, i cui terreni siano situati nelle colline derivanti dalla erosione dei sedimenti del Villafranchiano e siano di natura arenacea, sabbiosi e marnoso-arenacei, con presenza alle falde dei rilievi rocciosi del miocene di terreni detritici, sciolti ad alto contenuto di scheletro. La difesa fitosanitaria degli oliveti deve essere effettuata secondo le modalità definite dai programmi di lotta guidata.

7) La raccolta delle olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine di cui all’art.1 deve essere effettuata entro il 15 gennaio di ogni anno.

7.a) La produzione massima di olive degli oliveti destinati alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Assisi-Spoleto, non può superare kg 5000 per ettaro per gli impianti intensivi. La resa massima delle olive in olio non può superare il 21%.

7.b) La produzione massima di olive degli oliveti destinati alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Martani, non può superare kg 5.500 per ettaro per gli impianti intensivi. La resa massima delle olive in olio non può superare il 19%.

7.c) La produzione massima di olive degli oliveti destinati alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Amerini, non può superare kg 6500 per ettaro per gli impianti intensivi. La resa massima delle olive in olio non può superare il 17%.

7.d) La produzione massima di olive degli oliveti destinati alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli del Trasimeno, non può superare kg 6500 per ettaro per gli impianti intensivi. La resa massima delle olive in olio non può superare il 17%.

7.e) La produzione massima di olive degli oliveti destinati alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Orvietani, non può superare kg 6500 per ettaro per gli impianti intensivi. La resa massima delle olive in olio non può superare il 17%.

8) Anche in annate eccezionalmente favorevoli la resa dovrà essere riportata sui attraverso accurata cernita purché la produzione globale non superi di oltre il 20% i limiti massimi sopra indicati.

9) La denuncia di produzione delle olive deve essere presentata secondo le procedure previste dal DM 4 novembre 1993, n. 573, in unica soluzione.

9.a) Alla presentazione della denuncia di produzione delle olive e della richiesta di certificazione di idoneità del prodotto, il richiedente deve allegare la certificazione rilasciata dalle Associazioni dei produttori olivicoli ai sensi dell’art. 5, punto 2 lettera a) , della legge 5 febbraio 1992, n. 169, comprovante che la produzione e la trasformazione delle olive sono avvenute nella zona delimitata dal disciplinare di produzione.

Art. 5
Modalità di oleificazione

1) La zona di oleificazione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Assisi-Spoleto, comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni indicati al punto 1 dell’art.3.

1.a) La zona di oleificazione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Amerini, comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni indicati al punto 2 dell’art.3.

1.b) La zona di oleificazione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Martani, comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni indicati al punto 3 dell’art.3.

1.c) La zona di oleificazione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Trasimeno, comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni indicati al punto 4 dell’art.3.

1.d) La zona di oleificazione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Orvietani, comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni indicati al punto 5 dell’art.3.

2) È in facoltà del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali consentire che le suddette operazioni di oleificazione siano effettuate anche in stabilimenti siti nelle immediate vicinanze dei territori previsti nei precedenti commi, 1), 1.a), 1.b), 1.c), 1.d), purché sia dimostrata la tradizionalità di tali operazioni solo per le olive prodotte negli oliveti di pertinenza dell’azienda medesima, sentita di volta in volta la locale camera di commercio in ordine alla tradizionalità di tale operazione e previo parere della Regione Umbria e del Comitato Nazionale per la tutela delle D.O.C. degli oli di oliva vergini ed extravergini.

3) La raccolta delle olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine di cui all’art.1 può avvenire con mezzi meccanici o per brucatura.

4) Per l’estrazione dell’olio extravergine di oliva di cui all’art. 1 sono ammessi soltanto i processi meccanici e fisici atti a garantire l’ottenimento di oli senza alcuna alterazione delle caratteristiche qualitative contenute nel frutto.

Art. 6
Caratteristiche al consumo

1) All’atto dell’immissione al consumo l’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Assisi-Spoleto, deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

- colore: dal verde al giallo,

- odore: fruttato forte

- sapore: fruttato con forte sensazione di amaro e piccante;

- acidità massima totale espressa in acido oleico, in peso, non superiore a grammi 0,65 per 100 grammi di olio;

- punteggio al Panel test: >= 7,00

- numero perossidi: <= 12

- K 232: <=2,00

- K270: <=0,20

- acido oleico: >=82%

- polifenoli totali: >=150ppm

2) All’atto dell’immissione al consumo l’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Martani, deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

- colore: dal verde al giallo,

- odore: fruttato medio/forte

- sapore: fruttato con forte o media sensazione di amaro e piccante;

- acidità massima totale espressa in acido oleico, in peso, non superiore a grammi 0,65 per 100 grammi di olio;

- punteggio al Panel test: >= 7,00

- numero perossidi: <= 12

- K 232: <=2,00

- K270: <=0,20

- acido oleico: >=82%

- polifenoli totali: >=125ppm

3. All’atto dell’immissione al consumo l’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Amerini, deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

- colore: dal verde al giallo,

- odore: fruttato medio

- sapore: fruttato con media o leggera sensazione di amaro e piccante;

- acidità massima totale espressa in acido oleico, in peso, non superiore a grammi 0,65 per 100 grammi di olio;

- punteggio al Panel test: >= 7,00

- numero perossidi: <= 12

- K 232: <=2,00

- K270: <=0,20

- acido oleico: >=82%

- polifenoli totali: >=100ppm

4. All’atto dell’immissione al consumo l’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli del Trasimeno, deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

- colore: dal verde al giallo dorato,

- odore: fruttato medio/leggero

- sapore: fruttato con media o leggera sensazione di amaro e piccante;

- acidità massima totale espressa in acido oleico, in peso, non superiore a grammi 0,65 per 100 grammi di olio;

- punteggio al Panel test: >= 7,00

- numero perossidi: <= 12

- K 232: <=2,00

- K270: <=0,20

- acido oleico: >=81%

- polifenoli totali: >=100ppm

5. All’atto dell’immissione al consumo l’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata “Umbria”, accompagnata dalla menzione geografica Colli Orvietani, deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

- colore: dal verde al giallo,

- odore: fruttato medio

- sapore: fruttato con media sensazione di amaro e piccante;

- acidità massima totale espressa in acido oleico, in peso, non superiore a grammi 0,65 per 100 grammi di olio;

- punteggio al Panel test: >= 7,00

- numero perossidi: <= 12

- K 232: <=2,00

- K270: <=0,20

- acido oleico: >=82%

- polifenoli totali: >=100ppm

6. Altri parametri non espressamente citati devono essere conformi alla attuale normativa U.E.

7. In ogni campagna olearia il Consorzio di tutela individua e conserva in condizioni ideali un congruo numero di campioni rappresentativi degli oli di cui all’art. 1 da utilizzare come standard di riferimento per l’esecuzione dell’esame organolettico.

8. È in facoltà del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali di modificare con proprio decreto i limiti analitici soprariportati su richiesta del consorzio di tutela.

9. La designazione degli oli alla fase di confezionamento deve essere effettuata solo a seguito dell’espletamento della procedura prevista dal DM 4 novembre 1993, n. 573, in ordine agli esami chimico-fisici ed organolettici

Art. 7
Designazione e presentazione

1) Alla denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista dal presente disciplinare di produzione ivi compresi gli aggettivi: “fine”, “scelto”, “selezionato”, “superiore”.

2) È consentito l’uso veritiero di nomi, ragioni sociali, marchi privati purché non abbiano significato laudativo o non siano tali da trarre in inganno il consumatore.

3) L’uso di nomi di aziende, tenute, fattorie e loro localizzazione territoriale, nonché il riferimento al confezionamento nell’azienda olivicola o nell’associazione di aziende olivicole o nell’impresa olivicola situate nell’area di produzione è consentito solo se il prodotto è stato ottenuto esclusivamente con olive raccolte negli oliveti facenti parte dell’azienda e se l’oleificazione e il confezionamento sono avvenuti nell’azienda medesima.

4) Le operazioni di confezionamento dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 devono avvenire nell’ambito della regione Umbria.

5) Ogni menzione geografica, autorizzata all’art. 1 del presente disciplinare, deve essere riportata in etichetta con dimensione non superiore rispetto a quella dei caratteri con cui viene indicata la denominazione di origine controllata “Umbria”.

6) L’uso di altre indicazioni geografiche consentite ai sensi dell’art. 1, punto 2 del DM 4 novembre 1993, n. 573, riferite a comuni, frazioni, tenute, fattorie da cui l’olio effettivamente deriva deve essere riportato in caratteri non superiori alla metà di quelli utilizzati per la designazione della denominazione di origine controllata di cui all’art.1

7) Il nome della denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 deve figurare in etichetta con caratteri chiari ed indelebili con colorimetria di ampio contrasto rispetto al colore dell’etichetta e tale da poter essere nettamente distinto dal complesso delle indicazioni che compaiono su di essa. La designazione deve altresì rispettare le norme di etichettatura previste dalla vigente legislazione.

8) L’olio extravergine di oliva a denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 deve essere immesso al consumo in recipienti di capacità non superiore a litri 5 in vetro o in banda stagnata.

9) È obbligatorio indicare in etichetta l’annata di produzione delle olive da cui l’olio è ottenuto.

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Disciplinare di produzione della denominazione di origine protetta «Vitellone bianco dell’Appennino centrale» http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-produzione-della-denominazione-origine-protetta-vitellone-bianco-dellappennino-centrale/ http://127.0.0.1/saporivalnerina/disciplinare-produzione-della-denominazione-origine-protetta-vitellone-bianco-dellappennino-centrale/#comments Wed, 02 Oct 2013 10:53:03 +0000 http://127.0.0.1/saporivalnerina/?p=195 Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO ECONOMICO E RURALE DIREZIONE GENERALE PER LO SVILUPPO AGROALIMENTARE, LA QUALITA’ E LA TUTELA DEL CONSUMATORE SACO VII Disciplinare di produzione della denominazione di origine protetta «Vitellone bianco dell’Appennino centrale» Art.1 L’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” è riservata alle carni […]

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Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO ECONOMICO E RURALE
DIREZIONE GENERALE PER LO SVILUPPO AGROALIMENTARE, LA QUALITA’ E LA TUTELA DEL CONSUMATORE
SACO VII

Disciplinare di produzione della denominazione di origine protetta «Vitellone bianco dell’Appennino centrale»

Art.1

L’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” è riservata alle carni prodotte dall’allevamento bovino che risponde alle condizioni ed ai requisiti illustrati nel presente Disciplinare ai sensi del Regolamento (CE) n.510/06.

Art.2

L’area geografica di produzione della carne di “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” è rappresentata dal territorio delle province collocate lungo la dorsale appenninica del Centro- Italia.
Più precisamente la zona di produzione è rappresentata dai territori delle attuali seguenti province: Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro-Urbino, Teramo, Pescara, Chieti, L’Aquila, Campobasso, Isernia, Benevento, Avellino, Frosinone, Rieti, Viterbo, Terni, Perugia, Grosseto, Siena, Arezzo, Firenze, Prato, Livorno, Pisa, Pistoia; Roma limitatamente ai comuni di Arcinazzo Romano, Camerata Nuova, Cervara di Roma, Jenne, Mazzano Romano, Ponzano Romano, Sant’Oreste, Subiaco, Vallepietra, Vallinfreda, Vivaro Romano; Latina limitatamente ai comuni di Campodimele, Castelforte, Fondi, Formia, Itri, Lenola, Minturno, Monte San Biagio, Prossedi, Roccasecca dei Volsci, Santi Cosma e Damiano, Sonnino, Spigno Saturnia; Caserta limitatamente ai comuni di Ailano, Alife, Alvignano, Baia e Latina, Bellona, Caianello, Caiazzo, Calvi Risorta, Camigliano, Capriati a Volturno, Castel Campagnano, Castel di Sasso, Castello del Matese, Ciorlano, Conca della Campania, Dragoni, Fontegreca, Formicola, Francolise, Gallo Matese, Galluccio, Giano Vetusto, Gioia Sannitica,Letino, Liberi, Marzano Appio, Mignano Monte Lungo, Pastorano, Piana di Monte Verna, Piedimonte Matese, Pietramelara, Pietravairano, Pignataro Maggiore, Pontelatone, Prata Sannita, Pratella, Presenzano, Raviscanina, Riardo, Rocca D’Evandro, Roccaromana, Rocchetta e Croce, Ruviano, San Gregorio Matese, San Pietro Infine, San Potito Sannitico, Sant’Angelo d’Alife, Sparanise, Teano, Tora e Piccilli, Vairano Patenora, Valle Agricola, Vitulazio.

3.1 – Razze previste e identificazione

Art.3

La carne di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale è prodotta da bovini, maschi e femmine, di razza Chianina, Marchigiana, Romagnola, di età compresa tra i 12 e i 24 mesi, nati ed allevati nell’area geografica di produzione di cui all’Art 2.
I bovini devono risultare nati da allevamenti in selezione e regolarmente iscritti al Registro Genealogico del Giovane Bestiame del Libro Genealogico Nazionale.

Art.4

4.1 – Alimentazione

Dalla nascita allo svezzamento è consentito l’uso dei seguenti sistemi di allevamento: pascolo, stabulazione libera, stabulazione fissa.
Nelle fasi successive allo svezzamento e fino alla macellazione, i soggetti devono essere allevati esclusivamente a stabulazione libera o a posta fissa.

I vitelli devono essere allattati naturalmente dalle madri fino al momento dello svezzamento. Successivamente la base alimentare è rappresentata da foraggi freschi e/o conservati provenienti da prati naturali, artificiali e coltivazioni erbacee tipiche della zona geografica indicata; in aggiunta, è permesso l’uso di mangimi concentrati semplici o composti e l’addizione con integratori minerali e vitaminici. La razione deve comunque essere calcolata in modo da assicurare livelli nutritivi alti o medio alti (maggiori di 0.8 U.F./Kg di S.S. per i maschi e maggiori di 0.7 U.F./Kg di S.S. per le femmine) ed una quota proteica compresa tra il 13% ed il 18% in funzione dello stadio di sviluppo dell’animale.

4.2 – Alimenti vietati

Nei quattro mesi che precedono la macellazione è vietato alimentare il bestiame con foraggi insilati.
E’ vietato alimentare il bestiame con i seguenti sottoprodotti dell’industria:

  • -  Polpa di barbabietola esausta fresca ;
  • -  Potature di olivo macinate;
  • -  Foglie di olivo fresche od essiccate;
  • -  Pastazzo d’arancia;
  • -  Pastazzo secco d’agrumi;
  • -  Polpa essiccata d’arancia;
  • -  Sansa d’olivo;
  • -  Buccette d’oliva;
  • -  Buccette e semi di pomodoro;
  • -  Residui di distilleria;
  • -  Radichette di malto;
  • -  Trebbie di birra;
  • -  Trebbie fresche o essiccate;

-  Borlande fresche o essiccate;

4.3 macellazione

La macellazione deve avvenire in mattatoi idonei situati all’interno della zona di produzione; La macellazione deve avvenire in mattatoi idonei, situati all’interno della zona di produzione; al fine di evitare l’instaurarsi di fenomeni di stress nell’animale, particolare cura va prestata al trasporto ed alla sosta prima della macellazione evitando l’utilizzo di mezzi cruenti per il

carico e lo scarico dagli automezzi Gli animali al mattatoio devono essere avviat i immediatamente alla macellazione o sostare in box singoli.
Al fine di preservare e proteggere le masse muscolari dall’ossidazione nella fase di frollatura, nella fase di macellazione non è ammesso lo sgrassamento totale della carcassa intesa come la completa rimozione del grasso di copertura del filetto e del grasso di copertura (interno ed esterno) delle masse muscolari che all’atto della macellazione risultano ricoperte da grasso. Nel rispetto delle normative vigenti, la refrigerazione delle carcasse deve essere effettuata in modo tale da evitare il fenomeno della contrattura da freddo.

Art.5

5.1 Classificazione della carcassa

Le carcasse, in base alla griglia comunitaria di valutazione, devono rientrare nei seguenti valori:
- conformazione: non inferiore ad R;
- stato di ingrassamento: escluso 1 e non superiore a 3.

5.2 Colore

Il colore delle parti carnose esposte della carcassa non deve presentare colorazioni anomale (magenta o tendente al nero). Il colore del grasso visibile non deve tendere al giallo cinerino né deve avere venature tendenti al giallo carico.

5.3 Frollatura

Vista la necessità di migliorare la tenerezza delle carcasse di animali maschi, che hanno minore capacità di depositare grasso anche intramuscolare rispetto alle femmine, la frollatura per le carcasse dei maschi deve essere di almeno 4 giorni per i quarti anteriori e di 10 giorni per i posteriori.

5.4 Parametri qualitativi

I parametri qualitativi medi della carne di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale devono essere:

- pH fra 5.2 e 5.8
- estratto etereo (sul t.q.) inferiore al 3%

- ceneri (sul t.q.)
- proteine (sul t.q.)
- colesterolo
- rapp. ac. grass. ins./sat. maggiore di 1,0 – calo a fresco minore del 3%
- calo alla cottura minore del 35%

- grado di durezza (crudo) – grado di durezza (cotto) – colore (luce diur. 2667K

minore di 3.5 Kg/cmq minore di 2.5 Kg/cmq L superiore a 30

6.1 Contrassegni

inferiore al 2% maggiore del 20% inferiore a 50 mg/100 g

C superiore a 20
H compreso fra 25 e 45

Art. 6

La carne di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale deve essere immessa al consumo provvista di particolare contrassegno a garanzia dell’origine e dell’identificazione del prodotto. Il contrassegno è costituito dal logo riportato di seguito recante la scritta “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”. Il contrassegno ha dimensioni di cm 5 x 5 con base superiore arrotondata e riporta: al centro un bovino stilizzato con un 5 formante la testa e con gambe composte da una R ripetuta quattro volte semisovrapposta; alla base il nome della razza (Chianina, Marchigiana, Romagnola) e sui tre lati rimanenti la scritta Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale.

Il contrassegno deve essere apposto con caratteri chiari ed indelebili, nettamente distinti da ogni altra scritta ed essere seguito dalla menzione Indicazione Geografica Protetta e/o I.G.P. L’apposizione del contrassegno deve essere effettuata al mattatoio da un esperto incaricato dall’organismo di controllo.

Il contrassegno deve essere impresso sulla superficie della carcassa, in corrispondenza della faccia esterna dei 18 tagli di seguito elencati (specificando tra parentesi le relative basi muscolari):
- 1) muscolo posteriore (tibiale anteriore e posteriore, peroneo, estensori comune, anteriore e laterale delle falangi, flessori esterno ed interno delle falangi)

- 2) campanello (gastrocnemio laterale e mediale, soleo e flessore superficiale delle falangi) – 3) girello (semitendinoso)
- 4) sottofesa (bicipite femorale-lungo vasto, paramerale-lungo-vasto)
- 5) noce (retto anteriore della coscia, vasto intermedio, laterale e medio)

- 6) fesa (semimembranoso, adduttore del femore, pettineo, sartorio, gracile)
- 7) scamone (tensore della fascia lata, gluteo medio, superficiale, profondo e accessorio)
- 8) lombata (lunghissimo del dorso, lungo spinoso e costale, trapezio, traverso spinoso, intercostale, elevatore delle coste, piccolo dentato e gran dorsale)
- 9) costata (trapezio, traverso spinoso del dorso, lungo costale e spinoso, intercostale, lunghissimo del dorso, gran dorsale, piccolo dentato ed elevatore delle coste)
- 10) pancia (obliquo esterno ed interno, trasverso e retto dell’addome)
- 11) petto (pettorale profondo e superficiale, trasversale delle coste)
- 12) sottospalla (romboide, trapezio, splenio, lungo flessore del collo, lungo spinoso e costale, trasverso spinoso del dorso, gran dorsale, gran dentato, lunghissimo del dorso, intercostali)
- 13) reale (intercostale, gran dorsale)
- 14) collo (romboide, trapezio, splenio, piccolo e grande complesso, lungo flessore del collo, traverso spinoso, atloide del piccolo complesso, cleidoccipitale e mastoideo, intertrasversali del collo)
- 15) muscolo anteriore (estensore obliquo ed anteriore del metacarpo, estensore proprio delle dita, estensore anteriore delle falangi, cubitale esterno ed interno, gran palmare, flessore superficiale e profondo delle falangi, capo omerale e ulnare del flessore profondo delle falangi, capo radiale del flessore superficiale delle falangi)
- 16) girello di spalla (sopraspinoso e brachiocefalico)
- 17) polpa di spalla (bicipite brachiale e pettorale profondo)
- 18) copertina (sottospinoso e piccolo rotondo).
Il contrassegno deve essere conservabile in tutte le fasi della distribuzione.

6.2 Documento di controllo

L’esperto incaricato dall’Organismo di Controllo provvede, per ogni capo bovino, all’inserimento e alla registrazione dei dati in una scheda informatica chiamata documento di controllo.
Il documento di controllo è il documento informatico a cui si dovrà fare riferimento per le verifiche del rispetto dei requisiti di conformità e sarà archiviato esclusivamente per via informatica.

A seguito della registrazione del documento di controllo, l’esperto incaricato provvederà alla apposizione del contrassegno secondo quanto previsto all’art. 6.1.
Il documento di controllo, per permettere la verifica dei requisiti di conformità e i controlli relativi sul rispetto di tali requisiti, dovrà contenere i seguenti dati:

  1. numero identificativo dell’animale (matricola);
  2. azienda di nascita;
  3. aziende di allevamento e/o ingrasso;
  4. movimentazione del capo;
  5. data di nascita;
  6. sesso;
  7. data e numero progressivo di macellazione;
  8. Categoria dell’animale;
  9. Peso della carcassa e del taglio destinato;
  10. conformazione e grasso della carcassa secondo la classificazione CE
  11. denominazione e sede del mattatoio dove è avvenuta la macellazione;
  12. denominazione e sede del laboratorio di sezionamento dove è avvenuto il sezionamento;
  13. indicazione della tipologia di prodotto preso in carico (carcassa, mezzena, sesto, quarto,

singoli tagli o tagli misti);

  1. denominazione e sede del destinatario: macelleria, laboratorio di sezionamento, operatore

commerciale;

  1. nome dell’esperto incaricato alla certificazione;

6.3 Etichetta

Conformemente a quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di etichettatura e tracciabilità della carne bovina, sulla carne dovrà essere apposta una etichetta che ne permetta l’identificazione e la rintracciabilità.
L’etichetta dovrà riportare, oltre ai dati obbligatori richiesti dalle normative vigenti, le seguenti informazioni:

  1. numero di riferimento o codice di rintracciabilità.
  2. la denominazione “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” e/o il logo;
  3. la dicitura “Indicazione Geografica Protetta” e/o il logo comunitario previsto dalla normativa comunitaria vigente. E’ possibile l’uso dell’acronimo “I.G.P.”;
  4. la razza del soggetto;
    Le informazioni di cui ai punti 2, 3, e 4 del presente articolo possono essere riportate su una etichetta separata e, comunque, sulla stessa confezione; le informazioni di cui ai punti 2 e 3 del presente articolo devono essere riportate entrambe in un’unica etichetta.
    L’etichetta può riportare anche le altre informazioni previste nel documento di controllo di cui all’art. 6.2.6.4 Modalità di vendita La carne è posta in vendita al taglio o confezionata.
    Nel caso di vendita al taglio l’etichetta deve essere esposta e ben visibile nell’area del bancone di vendita destinata alla carne IGP”Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”.
    La carne confezionata porzionata, fresca o surgelata, deve essere confezionata nei seguenti modi: preconfezionato, sottovuoto, atmosfera modificata. Essa è posta in vendita solo in confezioni chiuse ed etichettate, riportante un’etichetta con le informazioni previste all’art. 6.3.
    Il confezionamento può avvenire solo in laboratori di sezionamento abilitati e sotto il controllo dell’organo preposto che consente la stampigliatura del logo della Indicazione Geografica Protetta sulle singole confezioni.
    E’ comunque vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista.Art. 7 I controlli sono effettuati da una struttura di controllo conformemente a quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 del Reg. (CE) 510/2006.
    L’Organismo di controllo è il “3A-PTA – Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria – Soc. Cons. a r.l. Fraz. Pantalla – 06050 Todi (PG) Italia – Tel. 075-89571 – Fax. 075-8957257. Ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, degli allevatori, macellatori, sezionatori, dei punti vendita e dei laboratori di confezionamento, nonché attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di controllo del numero dei vitelli nati, allevati, macellati, sezionati, porzionati e confezionati è garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo.

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